Sparsa le trecce morbide...

Sparsa le trecce morbide...

Mar, 10/22/2019 - 07:50
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Il dolore di Ermengarda nell’Adelchi manzoniano – rinnovato a ogni generazione di studenti di latino alle prese con l’accusativo alla greca – per aver appreso che il marito che l’aveva abbandonata si era nuovamente sposato, richiama il dolore della treccia più famosa di oggi, quella di Greta Thunberg, per il degrado del pianeta.

Dobbiamo confessare che le sempre più frequenti apparizioni sui media di Greta Thunberg e le lezioncine che dispensa - con il consenso e anzi l’appoggio delle classi dominanti – tanto da farle fare un intervento alle Nazioni Unite davanti ai grandi della Terra – ci provocano una certa reazione di fastidio, se non di vero e proprio disappunto, ben diversa dal clima di generale e incondizionata ammirazione di cui gode la furba svedesina.

E questo non tanto per le cose che dice, in gran parte giuste e condivisibili (come si fa a non essere d’accordo sulla necessità di un maggiore rispetto per l’ambiente e di un corretto uso delle risorse?), quanto per la sovraesposizione e anche l’utilizzo improprio da parte dei genitori di una minore che forse dovrebbe meglio impiegare il proprio tempo sui banchi di scuola piuttosto che sul set.

La Svezia è stata d’altra parte una delle prime nazioni a porre con forza il problema della conservazione dell’ambiente, fin dagli anni ’70, e a organizzare la propria vita sociale e politica in modo corretto e responsabile, anche se ora il mito della socialdemocrazia scandinava è decisamente appannato.

A parte Greta, il vero problema, oltre a quelli seri dell’ambiente, è l’ondata di estremismo ecologista che da qualche tempo imperversa, che rischia di trasformarsi in una sorta di nuova religione, con forti connotati di intransigenza e fideismo.

 

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Dopo i pressanti allarmi sul “buco dell’ozono”, il cui pericolo sembra ora rientrato, e il sostanziale fallimento dei negoziati sul clima fra le grandi potenze mondiali, l’ambientalismo ha ripreso nuovo vigore, di pari passo con l’accresciuta consapevolezza che lo sviluppo economico non può esaurire o pregiudicare le risorse naturali. Il ritmo di crescita economica a doppia cifra degli ultimi 20/30 anni di regioni del mondo sovrappopolate, in modo particolare India e Cina, ma in generale di tutta la regione asiatica, fa sorgere il giustificato dubbio che le fonti energetiche tradizionali (petrolio, gas naturale, carbone) possano esaurirsi nel giro di qualche decennio.

Da qui il giusto obiettivo da un lato di ridurre il consumo di queste risorse, limitando così anche il relativo inquinamento ambientale, dall’altro di ricercare nuove fonti rinnovabili o rigenerabili.

I più attempati fra i lettori del blog ricorderanno certamente le condizioni di vita degli anni ’70 alla fine del “miracolo economico” che sancì l’ingresso del nostro Paese fra i grandi della Terra. Le città erano (almeno apparentemente) molto più inquinate di oggi, con le emissioni di scarico e i fumi delle ciminiere fino ai margini dei centri storici, con i locali pubblici pieni di fumo come camere a gas e pochissima o nulla attenzione da parte delle aziende agli effetti tossici di molte lavorazioni sull’ambiente, con i centri cittadini – oggi in gran parte chiusi al traffico - invasi dalle auto e mezzi di trasporto.

Intere città venivano edificate in spregio alle sensibilità ambientali e prendevano forma i numerosi ‘mostri ecologici’ che oggi è spesso complicato demolire. L’agricoltura biologica era ancora di là da venire e l’uso di diserbanti chimici era indiscriminato e incontrollato. Anche oggi esistono ahimé situazioni del genere, ma sono chiaramente illegali e c’è comunque una sensibilità diffusa e un sentire comune che fanno condannare utilizzi di risorse non rispettosi dell’ambiente. Sottrarsi alla legislazione di tutela è purtroppo sempre possibile e continuamente vengono scoperte situazioni di enormi truffe specie sul versante dello smaltimento dei rifiuti, in particolare di quelli più inquinanti. Si tratta però sempre di reati, rispetto a un sistema di leggi che, seppur sempre migliorabile, oggi pare sufficientemente completo, anche purtroppo a causa dei numerosi disastri che si sono verificati negli anni.

Un tempo macchine e dispositivi consumavano energia molto più di oggi e la stessa produttività degli impianti di estrazione era molto inferiore a quella attuale. Le città erano meno verdi di oggi, intasate da traffico e inquinate dagli scarichi. Nuovi cantieri venivano aperti continuamente nelle periferie, dando vita a palazzoni uso conigliere e insediamenti con minima disciplina edilizia. Lo scarico in mare e nei fiumi di rifiuti era pratica diffusa e spesso tollerata. Probabilmente era la stessa situazione che si verifica oggi in Cina e in India, dove sull’altare dello sviluppo venivano sacrificate risorse naturali e salvaguardia dell’ambiente.

Tanto che la risposta dei cinesi a chi imputa loro il naufragio dei negoziati sull’ambiente è quella di chi è chiamato ad osservare limitazioni proprio da coloro che tale situazione hanno in precedenza causato, come le potenze industriali occidentali. Prima vi siete sviluppati voi e avete devastato l’ambiente – dicono i sudditi del celeste impero a noi occidentali – e ora che lo facciamo noi, vorreste che ci fermassimo. Certo è che l’impatto sul pianeta di una popolazione di qualche miliardo di esseri umani è molto maggiore di quello dell’Europa e degli Stati Uniti qualche decina di anni fa.

Le emergenze ambientali però non si esauriscono nei problemi dell’inquinamento e della disponibilità di risorse dei paesi sviluppati o in via di sviluppo, ma anche nella deforestazione e nel processo di desertificazione del pianeta. Tutte cose giuste e meritevoli di attenzione e comportamenti corretti, pena il rischio di veri e propri disastri ambientali nelle prossime generazioni. Giusto preoccuparsene e soprattutto insegnare nelle scuole i principi dell’ecologia e del rispetto della natura.

Tuttavia l’esasperazione dei toni, come pure l’enfasi e la riprovazione generale verso chi non è allineato paiono francamente esagerati. In alcuni casi si fa dell’ecologia una vera e propria piattaforma politica, come se la tutela dell’ambiente non dovesse essere comune a tutti gli schieramenti e l’azione politica non dovesse svilupparsi invece anche su altri temi di interesse più specifico.

Altrimenti si rischiano situazioni ridicole, come quella che, nell’incapacità di assicurare un efficiente smaltimento dei rifiuti urbani, parcellizza gli obblighi di raccolta differenziata presso gli utenti senza integrare il processo con inceneritori all’avanguardia e riciclo dei materiali. Così non si fa altro che trasferire sugli utenti una parte dei costi e lavoro senza peraltro migliorare né la qualità del servizio né gli effetti negativi sull’ambiente.

 

Un altro falso mito, insomma.