EFFETTO TRUMP SULLE BORSE

EFFETTO TRUMP SULLE BORSE

Gio, 07/25/2024 - 06:36
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Il Trump trade: i mercati anticipano la probabile vittoria del tycoon

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Anche se non è sempre agevole individuarne i motivi – e spesso anche la direzione – tutti concordano nel ritenere gli eventi politici in grado di influenzare l’andamento dei mercati finanziari. Così in genere accade che all’indomani di una tornata elettorale in cui prevale uno schieramento conservatore, ad esempio, i mercati sono attesi in crescita perché si ritiene che un nuovo governo di destra favorisca le imprese, magari con sgravi fiscali o incentivi al settore produttivo, e attui una politica di bilancio rigorosa che tenga i conti pubblici sotto controllo.

Se, al contrario, vince un governo progressista, normalmente gli investitori si aspettano politiche economiche a favore dei lavoratori, con il risultato di far aumentare i costi di produzione, e spesa pubblica “allegra” per stimolare l’economia attraverso gli investimenti pubblici. In questo caso, i profitti futuri delle imprese sono visti in diminuzione, e così pure il valore delle azioni che quelle imprese rappresentano.

.sinistra al governo

Tutto questo in teoria, e in un mondo statico e prevedibile. Nella situazione attuale, in realtà, spesso le cose si ribaltano e gli investitori premiano piuttosto la prospettiva di stabilità politica, come è successo in Italia con il gradimento mostrato per il Governo Meloni, che era vista come probabile inquilina di Palazzo Chigi per tutti i cinque anni. D’altra parte, invece, la vittoria della sinistra ai ballottaggi in Francia ha molto tranquillizzato la borsa transalpina dopo la paura di una netta affermazione, dati i risultati del primo turno, della formazione di Marine Le Pen vista come antieuropeista e sovranista.

Ma ancora più singolare è la circostanza che i mercati “scontino” in anticipo i risultati elettorali, ovvero – considerando sicuro un determinato esito – anticipino quei comportamenti che avrebbero posto in essere qualora quel risultato si fosse effettivamente verificato. Questo perché, chiaramente, puntano a minimizzare le perdite o a massimizzare i profitti bruciando sul tempo gli altri investitori.

Supponiamo che un grande investitore (un fondo pensioni o un fondo di investimento) possieda un pacchetto rilevante di un titolo che, vincendo un determinato schieramento, molto probabilmente è destinato a crollare. Se il fondo (ma è lo stesso per un piccolo risparmiatore) riesce a vendere quel titolo prima che lo facciano tutti gli altri, riuscirà a spuntare un prezzo maggiore di quello al quale il titolo si assesterà a fine caduta. Il problema è che quando tutti fanno così, il titolo in effetti anticipa il crollo e il mercato sconta un effetto che, in caso, si sarebbe verificato solo più tardi, a urne chiuse.

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Un po’ come il caso delle famigerate “partenze intelligenti” in occasione degli esodi estivi. Per evitare gli ingorghi, i gitanti più avveduti in genere anticipano la partenza alla notte o alla prima mattina: ma se tutti fanno così, il risultato non potrà che essere un affollamento esagerato sulle strade proprio di notte.

È quello che è successo sui mercati azionari americani all’indomani del famoso dibattito televisivo fra Trump e Biden, durante il quale il vegliardo Presidente in carica ha mostrato le sue precarie condizioni di salute, del tutto incompatibili con la prestigiosa carica di uomo più potente del mondo.

I sondaggi, che fino a quel momento davano Biden favorito nella contesa elettorale, hanno iniziato a virare decisamente, e sempre più convintamente, nella direzione del biondo e pregiudicato tycoon. Da quel momento gli investitori, convintisi che proprio Trump sarebbe stato il prossimo Presidente, hanno dato corso a quello che i commentatori hanno battezzato “the Trump trade”, come se fossimo all’indomani delle elezioni di novembre e Trump avesse effettivamente trionfato.

Così, ad esempio, abbiamo assistito ad una netta impennata dei titoli finanziari (che si avvantaggerebbero della promessa deregulation del settore), di quelli del comparto energetico (è nota la vicinanza di Trump alle istanze dei petrolieri) e delle infrastrutture (per l’attesa politica di forti investimenti pubblici). Il dollaro si è rafforzato, invertendo una tendenza che durava da tempo, e sono stati nettamente premiati i titoli con mercato esclusivamente o prevalentemente domestico, mentre sono stati travolti dalle vendite i titoli esposti al mercato cinese ed europeo e quelli delle energie rinnovabili.

Gli effetti del “Trump trade” si sono fatti sentire anche da noi: i settori produttivi legati alla difesa sono cresciuti, in vista degli investimenti che gli Stati avrebbero dovuto affrontare nel caso di una ipotetica uscita degli USA dalla NATO.

È stato calcolato che l’introduzione dei paventati dazi doganali da parte di una nuova ipotetica amministrazione Trump provocherebbe un calo del Prodotto Nazionale Lordo Europeo di circa un paio di punti percentuali rispetto alle ultime proiezioni.

.agosto

Se tutto fosse così facile, ci sarebbe un’evidente opportunità, anche per i nostri investitori, di sfruttare il trend. Solo che non è mai buona norma vendere la pelle del lupo prima di averlo ammazzato. La probabile nuova sfidante, Kamala Harris, che ha riattivato i flussi di sovvenzioni elettorali in precedenza bloccatisi, potrebbe avere una buona chance di giocarsela fino in fondo, certamente più di quelle che avrebbe avuto il povero Joe Biden.

E comunque, una buona dose di prudenza è sempre un ottimo viatico per affrontare il mese di agosto, notoriamente uno dei più problematici per l’anno borsistico.