L’EUROPA PENDE A DESTRA
In vista delle elezioni europee del prossimo anno, cerchiamo di capire cosa succederà
Rispetto a qualche decennio fa, le categorie politiche di destra e sinistra sono sicuramente più sfumate, meno ideologiche e meno riconoscibili, tuttavia è innegabile che esistano ancora importanti differenze, ed è altrettanto innegabile che in questo momento in Europa sia la destra a prevalere.
Non solo nel senso che ci sono più governi formati o guidati da partiti che fanno riferimento a valori e tradizioni della destra storica, quali il conservatorismo, il sovranismo e la difesa a oltranza dell’economia di mercato, ma anche per la notevole crescita in alcuni paesi di formazioni di estrema destra e per il generale arretramento, anche in molti dei paesi in cui governano, dei partiti di matrice socialista e orientamento statalista.
Alla vigilia di elezioni che l’anno prossimo andranno a rinnovare il Parlamento Europeo, di evidente importanza strategica per l’attuale momento politico ed economico che il vecchio continente sta vivendo, è dunque interessante cercare di capire cosa potrebbe succedere qualora si consolidasse o addirittura rafforzasse la tendenza a prevalere delle forze di destra.
La situazione attuale vede al governo coalizioni marcatamente di destra in Polonia (col premier Mateusz Morawiecki del partito Diritto e Giustizia), in Ungheria (guidato da Viktor Orban, leader del partito Fidesz), in Italia con Giorgia Meloni.
Coalizioni di centro-destra, con diverse gradazioni, governano anche in Svezia (dopo la vittoria alle elezioni dello scorso autunno da parte di Ulf Kristersson, dei Moderati), in Finlandia (dopo la sconfitta di Sanna Marin e l’insediamento del Partito di Coalizione), in Grecia (dove Kyriakos Mitsotakis, leader di Nuova Democrazia ha nuovamente vinto le recenti elezioni conquistando anche la maggioranza assoluta). In Spagna il centro destra ha sonoramente sconfitto nelle recenti elezioni il Partito Socialista (il cui leader si è dimesso), che hanno visto anche il tracollo di Podemos, formazione di estrema sinistra.
Sono tutti paesi in cui si è votato da poco, e dove è molto probabile che nel 2024 le consultazioni europee confermino questi risultati.
Anche nei Paesi Bassi, Croazia, Cipro, Lituania e Slovacchia le rispettive maggioranze sono di centrodestra, in governi con più o meno ampie coalizioni.
La sinistra – se tale si può definire il governo di Scholz – governa ancora in Germania, dove la SPD, storica formazione socialdemocratica, guida la coalizione “semaforo” con i Verdi, in grande crisi di identità politica, e i liberali. Oltre a Berlino, i capisaldi della sinistra in Europa restano Portogallo, Malta e Slovenia.
In Francia, dove il movimento centrista En Marche di Emmanuel Macron è al secondo mandato governativo, la destra di Marine Le Pen è tuttavia accreditata di un 55% nei sondaggi se si dovesse tenere un ipotetico ballottaggio oggi e il Presidente sta attraversando un momento di difficoltà in seguito alle proteste sulla contestata riforma pensionistica, e ora alle sommosse nelle banlieu.
In Inghilterra, pur non facente parte dell’UE, sono ancora al governo i Tories, anche se è prevedibile un calo di popolarità del partito conservatore, specie se i laburisti individuassero un leader capace e autorevole.
Se questo è il panorama che si prospetta, cosa possiamo aspettarci sulle politiche economiche e sociali dell’Europa del prossimo quinquennio? Innanzitutto, nonostante il rilievo assunto o minacciato da alcune formazioni estremistiche, è opportuno premettere che non è in vista alcuna deriva autoritaria o golpista, né è in serio pericolo la stabilità dell’istituzione europea, come dimostrato anche dal caso italiano in cui anche i partiti molto sensibili alle chimere sovraniste, una volta andati al governo, si sono dimostrati molto realisti e responsabili, muovendosi convintamente e affidabilmente all’interno del sistema di alleanze esistente.
Tuttavia esistono e sono rilevanti differenze, spesso più pragmatiche che ideologiche, fra gli schieramenti di centro sinistra, che hanno in larga parte prevalso fino a qualche anno fa, e quelli di centro destra che stanno raccogliendo il testimone. Vediamole nel dettaglio.
Le politiche economiche, pur variando notevolmente in base alle specifiche ideologie e priorità di ciascun partito, mostrano alcune tendenze generali che possono essere osservate.
I governi di destra tendono ad avere una maggiore enfasi sulla promozione dell'economia di mercato e sulla riduzione dell'intervento dello Stato nell'economia. Solitamente favoriscono politiche economiche liberali che incoraggiano la libera impresa, l'innovazione e l'individuo come motore della crescita economica. Possono adottare politiche di deregolamentazione, riduzione delle tasse e promozione di politiche di libero scambio. Inoltre, i governi di destra spesso sostengono politiche di austerità fiscale e cercano di ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico.
D'altra parte, i governi di sinistra tendono a mettere un maggiore accento sulla giustizia sociale, la protezione dei diritti dei lavoratori e una maggiore regolamentazione economica. Solitamente sono favorevoli a una maggiore redistribuzione della ricchezza attraverso sistemi fiscali progressivi e politiche che mirano a garantire una maggiore equità sociale. Possono adottare politiche di spesa pubblica più elevate per investimenti in servizi pubblici come l'istruzione, la sanità e l'assistenza sociale.
Per quanto riguarda, invece, le differenze nelle politiche sociali e di welfare si possono riscontrare alcune differenze generali.
Sul welfare state, i governi di sinistra tendono ad essere più inclini a sostenere una politica assistenziale più estesa, con una maggiore presenza dello Stato nella fornitura di servizi pubblici come la sanità, l'istruzione e l'assistenza sociale. Questi partiti possono promuovere un ruolo attivo del governo nella redistribuzione della ricchezza e nella riduzione delle disuguaglianze sociali.
La sinistra tradizionalmente è impegnata nella protezione dei diritti dei lavoratori, come salari dignitosi, orari di lavoro ragionevoli e condizioni di lavoro sicure. Possono sostenere politiche di tutela dei diritti dei lavoratori, come contratti collettivi, sindacati forti e legislazioni sul lavoro che favoriscono la sicurezza e la stabilità occupazionale.
I partiti di sinistra inoltre solitamente pongono un'enfasi maggiore sulla riduzione delle disuguaglianze sociali. Ciò può comportare l'adozione di politiche di redistribuzione della ricchezza attraverso una tassazione progressiva, la creazione di reti di sicurezza sociale per i gruppi svantaggiati e l'implementazione di programmi di sostegno economico, come sussidi e sussidi di disoccupazione.
In alcuni casi, i partiti di destra possono adottare posizioni più restrittive sull'immigrazione, sostenendo politiche di controllo dei confini e limitazioni all'accesso ai servizi pubblici per i migranti. Al contrario, i partiti di sinistra possono essere più propensi a sostenere politiche di integrazione, protezione dei diritti dei migranti e accoglienza.
In conclusione, possiamo aspettarci che in Europa torni a prevalere un minor tasso di solidarietà fra classi sociali e categorie economiche rispetto al passato, una prevalenza dell’economia di mercato e forse anche una maggiore rigidità di bilancio e enfasi sui conti pubblici in equilibrio, di cui i paesi cosiddetti “paesi frugali” costituiscono l’agguerrita avanguardia.
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