SETTIMANA DI PASSIONE
Settimana sull’ottovolante fra dati sull’inflazione USA, riunioni FED e BCE e giorno delle tre streghe
La settimana che si è aperta lunedì scorso sarà quasi sicuramente molto movimentata e volatile per i mercati finanziari. Si hanno infatti, in rapida sequenza: martedì i dati sull’inflazione USA; mercoledì la riunione della Fed con la probabile decisione sull’aumento dei tassi di mezzo punto percentuale; giovedì la riunione di tutte le altre principali banche centrali mondiali (in primo luogo la BCE) e venerdì il famigerato e temuto “giorno delle tre streghe”, scadenza tecnica periodica di cui parleremo sotto.
Sono tutti eventi in grado di influenzare, e in alcuni casi determinare, l’andamento e il sentiment contingente dei mercati, ma che nell’ottica della gestione di portafoglio di un investitore razionale rientrano ampiamente nell’ambito della gestione tattica e hanno scarso rilievo sugli aspetti strategici. Come abbiamo ripetuto fino alla noia, una corretta e profittevole gestione del patrimonio parte e si realizza nella sua componente strategica. Una asset allocation strategica seria, ben fatta e ben seguita porta sempre ad avvicinarsi al massimo – nell’orizzonte temporale dato - agli obiettivi che l’investitore si è proposto, e ad evitare perdite disastrose e spoliative, anche se i mercati vengono attraversati da movimenti ampi e inattesi.
Altro aspetto è quello della gestione tattica, che attraverso aggiustamenti e fine-tuning periodici mira a realizzare extra-profitti, a contenere perdite oppure a ottimizzare il timing di ingresso/uscita in determinati investimenti, ma che ha la sua normale realizzazione in movimenti intra-day (ovvero in acquisti e vendite nell’arco della stessa giornata) o comunque che si esauriscono in pochi giorni.
Questo è il motivo per cui non ci appassiona il trading puramente speculativo, che molto spesso esaurisce i suoi effetti in un tempo molto breve e ha poca correlazione con l’andamento economico di sistemi e singole società e molta invece con aspettative, annunci ad effetto di autorità politiche o monetarie, reazioni istintive a particolari eventi, timori o speranze degli operatori. Insomma: molto a che vedere con la pancia, poco con la testa.
L’investitore accorto deve darsi delle regole precise e una forte disciplina: può anche – in chiave tattica – fare qualche incursione al fine di cavalcare il trend, ma deve sempre essere consapevole del punto in cui si trova nel suo percorso strategico in base al quale ha definito l’asset allocation, per non correre il rischio di finire fuori strada e trovarsi poi a sostenere alti costi di riallineamento.
In primo luogo, deve individuare un ammontare massimo di risorse da impiegare nel “raid”, fissare un obiettivo di rendimento e un limite massimo di perdita che è disposto a subire e soprattutto un limite massimo di tempo (giorni, settimane) nel quale restare investito.
Una volta definiti questi elementi, si dovranno utilizzare in modo corretto gli strumenti di stop loss e take profit[1] e uscire dall’investimento quando l’obiettivo viene raggiunto, quando scatta la perdita oppure quando è trascorso il periodo di tempo massimo che ci eravamo dati.
Facciamo un semplice esempio per rendere chiari questi meccanismi. Supponiamo di aver individuato un certo titolo Alfa sul quale pensiamo di fare una puntata in chiave tattico-speculativa. Il titolo è quotato 100 € e noi abbiamo deciso di impiegare 20.000 € per un periodo massimo di una settimana, con obiettivo di rendimento di 1.000 € (pari al 5%) e perdita massima di 500€. Al momento in cui decidiamo di entrare, compriamo pertanto 200 azioni ed impostiamo take profit a 105 e stop loss a 97,5.
Se le cose vanno bene e Alfa strappa al rialzo, la banca – al raggiungimento della quotazione 105 – venderà in automatico le azioni e incasseremmo i 1.000 € di profitto. Se le cose vanno male e il titolo comincia a scendere, al livello di 97,5 scatterà lo stop loss e subiremmo la perdita di 500€.
Può però accadere che il titolo arrivi a 103. In questo caso, tenere la posizione aperta ci espone al rischio che il guadagno teorico di 600 € – pur inferiore all’obiettivo ma sempre meglio di niente – venga azzerato da un movimento successivo al ribasso. In questo caso la cosa giusta da fare non è vendere (al ribasso) ma alzare lo stop loss a 103, in modo tale che se le cose vanno bene e il titolo continua a salire, guadagneremmo comunque i 1.000 € che ci eravamo proposti, ma se le cose vanno male e il titolo comincia a scendere, porteremo a casa almeno i 600 €.
Se poi dopo una settimana il titolo è rimasto sempre nell’intorno dei 100 € di valore, allora conviene vendere per evitare di trovarsi immobilizzati in modo non coerente con l’asset allocation.
E’ chiaro che un profitto del genere, in un portafoglio di medie dimensioni, certamente non ci cambia la vita, ma una serie di operazioni di successo nel periodo di investimento possono effettivamente aiutare a conseguire l’obiettivo.
E veniamo alle tre streghe. Si tratta di un evento che ricorre ogni terzo venerdì del trimestre, e quindi quattro volte all’anno. In quel giorno vengono a coincidere le scadenze di 3 tipologie di derivati molto importanti e diffusi in borsa: i futures su indici azionari; le opzioni su indici azionari e le opzioni su azioni singole. In questo giorno, infatti, si ha la sovrapposizione di scadenze settimanali, mensili e trimestrali. A seconda di cosa decideranno gli operatori (se chiudere il derivato oppure rinnovarlo per un’altra scadenza uguale), il mercato mostrerà movimenti molto ampi e grandi fluttuazioni, destinate però a essere riassorbite la settimana successiva, quando le cose si normalizzeranno. Per questo, durante il “giorno delle tre streghe” è buona norma cercare di astenersi dall’operare in modo speculativo.
Al di là di questa curiosità, il messaggio è comunque di non farsi travolgere dai movimenti speculativi o di reazione, ma restare coerenti con la strategia; al limite si possono utilizzare questi momenti di volatilità per qualche rapida e temporanea incursione in chiave tattica, ma avendo sempre ben presente la via d’uscita.
[1] Si tratta di livelli automatici e preimpostati di importo o di prezzo, per ogni titolo in cui si investe, al raggiungimento dei quali il titolo viene automaticamente venduto con conseguente realizzazione dell’obiettivo di profitto o accollo della perdita.
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