ALLACCIATE LE CINTURE
I mercati azionari, specie quello USA, verso un rimbalzo di fine anno
E’ diverso tempo che consigliamo ai nostri lettori di mantenere il portafoglio in condizioni di liquidità per quanto possibile; probabilmente è ora arrivato il momento di spendere, anche se per impieghi di breve tempo e in chiave tattica. Intendiamoci: l’intonazione del mercato (il cosiddetto sentiment) è ancora decisamente bassa, con netta prevalenza dei venditori e prezzi ai minimi.
E’ però abbastanza normale che in un periodo di bearish market (ovvero di mercato ”orso”, tendente cioè alla prevalenza delle vendite e dei prezzi in diminuzione) si abbiano i rimbalzi più significativi, tanto più probabili quanto più lunga è la durata del periodo stesso. E tutto ci porta a pensare che da qualche giorno siamo entrati proprio in uno di quei momenti. Vediamo perché, e soprattutto vediamo quali conseguenze operative ne può trarre un investitore.
Occorre intanto ribadire che stiamo guardando al breve termine, orientativamente con un orizzonte temporale di due-tre mesi, e soprattutto al mercato azionario USA (l’Europa – e ancora di più l’Italia – hanno invece elementi di debolezza particolari). Nel medio termine, al contrario, prevale ancora l’incombenza della recessione, con conseguente aspettativa di debolezza dei mercati. Solo nel corso del 2023 potrebbe arrivare il momento di investire con prospettiva di lungo termine, contando sulla ripresa prossima ventura.
Il rimbalzo farà sicuramente piacere a chi ha in portafoglio minusvalenze e non si è fatto prendere dal panico vendendo nelle scorse settimane: soprattutto chi ha investito negli indici di mercato potrà probabilmente tornare in linea di galleggiamento per affrontare con la cassa piena e il portafoglio scarico il 2023 di passione che ci attende.
Ancora più piacere potrebbe fare a chi è già riuscito a ridurre l’esposizione e potrebbe approfittare del rimbalzo – in chiave puramente tattica – per raddrizzare i risultati di un anno decisamente deludente e mettere del fieno in cascina. L’importante, come si diceva sopra, sarebbe essere capaci di chiudere le operazioni entro la fine dell’anno, tipo “prendi i soldi e scappa”, prima che l’orso torni a colpire e renda tutto inutile. Proprio questa è la parte più difficile di tutta l’operazione, perché se è vero che i buoni affari si fanno comprando bene, è altrettanto vero che solo quando si vende i guadagni diventano effettivi e non restano solo teorici.
Se la nostra lettura è corretta, si apre quindi una finestra di buone opportunità per la gestione tattica, che sarà tanto più proficua quanto più sarà breve e circoscritta nel tempo. Allo stesso tempo, è evidente che questo aumenta il livello di rischio complessivo del portafoglio, per cui sarà bene monitorare con attenzione questo aspetto, anche alla luce delle altre asset class. In ogni caso, per chi è tendenzialmente avverso al rischio, meglio restare liquidi per attendere una finestra di entrata l’anno prossimo più adatta ad un impiego stabile.
Quali sono i motivi che ci inducono a prevedere un mini-rally fino a fine anno? In realtà sono diversi, alcuni di natura contingente, altri più prettamente tecnici o statistici. Vediamo di esaminarli.
Dal punto di vista dei fondamentali, i risultati trimestrali che sono stati pubblicati fino ad ora si sono rivelati migliori delle aspettative, in particolare quelli delle banche e delle aziende tecnologiche (fra le prime Goldman Sachs, fra le seconde Apple e soprattutto Netflix), che hanno trascinato i listini in questi giorni. Dopo i numerosi profit warning[1] dei mesi scorsi, la situazione di molte imprese è generalmente migliorata, mentre i prezzi hanno già scontato gli scenari peggiori.
Molte società hanno ripreso i programmi di buy back[2] che rappresentano una formidabile spinta per le loro quotazioni azionarie: in tal modo, riducendo il numero di azioni in circolazione, i dividendi distribuiti agli azionisti risultano superiori (in quanto sulle azioni proprie detenute non vengono conteggiati) e inoltre si dà un messaggio fortemente positivo di fiducia sulla capacità del titolo di accrescere il proprio valore.
I prezzi delle materie prime sono in questa fase in sensibile calo, grazie al fatto che le scorte di gas naturale e petrolio per la stagione fredda sono ormai acquisite, e la domanda da parte delle imprese si mantiene molto bassa. In particolare la Cina – a causa della politica zero-covid che ha imposto e continua a imporre lockdown totali in molte grandi città – sta soffrendo un periodo di forte rallentamento produttivo, con andamento economico molto inferiore alle aspettative. Sul prezzo del petrolio pesa anche l’immissione sul mercato dei 15.000.000 di barili delle riserve strategiche USA.
Le cause tecniche del mini rally si possono riscontrare nella riduzione della volatilità a lungo termine dei mercati e soprattutto nel forte posizionamento difensivo di molti grandi investitori istituzionali (fondi pensione e fondi di investimento) che hanno acquistato enormi volumi di opzioni put per coprire il rischio dei portafogli. Tali opzioni stanno giungendo a scadenza e anche chi aveva venduto titoli e future allo scoperto si trova ora obbligato a ricoprirsi, ovvero ad acquistare quei titoli, con l’effetto di aumentare il loro prezzo.
Gli stessi fondi si trovano a disporre di un enorme massa di liquidità (peraltro di questi tempi, con l’inflazione al 10%, decisamente costosa), la più alta dal 2001, pronti ad impiegarla non appena si presentino buone occasioni di investimento; e con i bassi volumi del mercato ci vuole davvero poco ad innescare un rally.
Inoltre, da un punto di vista statistico, gli ultimi due mesi dell’anno sono in genere i mesi migliori per il mercato, e tutto lascia supporre che anche quest’anno tale consuetudine venga rispettata, pur partendo da una base molto più bassa dell’anno scorso.
Le aspettative per l’inflazione sono quelle di aver ormai raggiunto il picco nell’intervallo 10/11 per cento e, complice anche il calo della domanda per l’attesa recessione, viene ritenuta probabile una graduale diminuzione del tasso di crescita dei prezzi. Se così fosse, sarebbe ragionevole attendersi una almeno parziale attenuazione delle politiche monetarie restrittive poste in essere negli ultimi mesi dalle banche centrali - con drenaggio della quantità di moneta e aumento dei tassi di interesse –, fattore questo in gran parte responsabile del recente crollo dei mercati azionari.
Certo, esistono anche importanti fattori negativi, potenzialmente in grado di frenare queste spinte rialziste. Il primo è l’incertezza sulla durata e gli sviluppi della guerra fra Russia e Ucraina, con tutte le conseguenze che questo comporta. Poi ci sono le elezioni di mid-term all’inizio di novembre, che potrebbero avere un effetto destabilizzante sulla capacità dell’attuale amministrazione di gestire questa fase economica. Infine, l’incertezza sulla recessione, i cui effetti non parrebbero ancora pienamente scontati negli attuali prezzi.
Tutto sommato, però, c’è da aspettarsi un ultimo trimestre molto ben intonato sui mercati, con buone occasioni per recuperare parte delle perdite subite nel corso di questo brutto 2022. Si tratterà, però, di un fuoco di paglia perché i fattori di fondo non sono cambiati e il barometro mostra ancora molte nuvole all’orizzonte.
[1] Le società quotate sono obbligate ad informare il mercato quando si verificano eventi o contingenze che possono modificare in misura significativa le previsioni sui risultati gestionali e sull’utile atteso per l’esercizio in corso. Il profit warning viene in genere diffuso due settimane prima dell’annuncio dei risultati societari, questo per dare più tempo agli investitori della società di riposizionarsi sul titolo ed evitare tracolli immediati il giorno della pubblicazione dei dati.
[2] Per buy back si intende l’acquisto di azioni proprie da parte di una società che può avvenire entro determinati limiti quantitativi (da noi, ad esempio, il massimo acquistabile è il 10% del capitale sociale versato) e con procedure prestabilite. In tal modo la società stabilizza il prezzo del titolo e, puntando sul suo aumento, fornisce al mercato un chiaro segnale di fiducia. E’ l’intervento più efficace che una società con buoni risultati e solidità può porre in essere per favorire i propri azionisti e dare impulso alla quotazione del titolo.
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