IL CAMPO DEI MIRACOLI
Secondo il Presidente della Consob il rischio delle criptovalute è analogo a quello dei mutui subprime nel 2008
Questo sito (finché ce lo consentiranno) non ha mai espresso particolare simpatia né per le autorità monetarie né per quelle di supervisione dei mercati. Abbiamo sempre ritenuto che gran parte delle carenze strutturali del nostro sistema bancario e dei mercati finanziari abbiano trovato – se non la causa principale – quanto meno un buon supporto da parte di Banca d’Italia e Consob, che non riteniamo esenti da responsabilità in molti degli scandali finanziari verificatisi nel nostro Paese.
Non solo, ma abbiamo il fondato sospetto che molti dei procedimenti penali avviati in materia finanziaria siano stati aperti proprio per nascondere le responsabilità dei vigilanti, che spesso tutto hanno fatto fuorché vigilare.
Né, per essere ancora più sinceri, abbiamo mai nutrito eccessiva simpatia per il Prof. Paolo Savona, attuale presidente Consob, da quando venne indicato (e poi respinto da Mattarella per le sue pregresse posizioni antieuropeiste) come Ministro dal Governo degli scappati di casa del Movimento 5 Stelle e degni sodali.
Detto questo, non possiamo che condividere e apprezzare quanto espresso proprio da Savona nell’ultimo discorso al mercato come presidente Consob del giugno scorso in merito ai rischi sulle criptovalute. In verità, abbiamo apprezzato anche molti altri passaggi di quel discorso, tanto da chiederci se avesse proprio detto quelle parole o se non avessimo capito male noi.
Sulle criptovalute il Professore ha detto che sono il campo dei miracoli di Pinocchio e che rischiano di innescare una cisi finanziaria molto simile a quella dei mutui subprime del 2008, che portò al fallimento di Lehman Brothers.
Secondo il Prof. Savona, si rischia “il movimento della faglia tellurica delle criptocurrency sottostante al territorio monetario e finanziario tradizionale, con possibili sbocchi dalle proporzioni imperscrutabili; il rischio è riemerso sotto la spinta dell’illusione di facili guadagni ben descritta da Carlo Collodi nel Campo dei miracoli di Pinocchio e ha trovato alimento nel successo conseguito da quelli che hanno sfruttato l’occasione offerta dallo sviluppo delle tecnologie informatiche”.
I lettori di questo sito riconosceranno nell’immaginifico intervento del Presidente nella storica sede della borsa di Piazza Affari quanto più volte scritto in questi editoriali. In effetti, nonostante l’incredibile performance di bitcoin (BTC) e simili negli ultimi mesi, continuiamo a essere diffidenti su questo tipo di strumento come forma di investimento per un investitore razionale e prudente. Pur consapevoli che abbiamo perso delle buone opportunità di guadagno, da veri testardi restiamo fedeli alla nostra idea originaria che le cripto hanno un profilo di rischio (operativo e di controparte) troppo elevato per poterci investire risorse guadagnate con fatica e impegno.
Se si pensa che la prima volta che il BTC è stato usato per acquistare un bene “del mondo reale” era il 22 Maggio 2010 (quel giorno un utente del forum Bitcointalk ha acquistato due pizze nel fast food americano Papa John’s per 10.000 BTC) e che oggi vale circa 113.000 dollari, ci possiamo rendere conto della potenza speculativa di questo strumento. Da due pizze a un appartamento il salto è senza dubbio importante.
Chi avesse fatto rapide incursioni in questo mercato, del tipo toccata e fuga, ha sicuramente realizzato buoni guadagni, ma chi resterà col cerino in mano se il tutto dovesse precipitare, come una casa d’argilla con una scossa di terremoto, non potrà che maledire il giorno in cui ha trasformato la sua valuta reale (dollari, euro o qualunque altra) in valuta virtuale.
E quel giorno potrebbe arrivare davvero, con probabilità tanto maggiore quanto più la quotazione del BTC cresce senza alcun motivo economico che non sia la domanda da parte dei potenziali investitori. Certo, finché ci sono operatori disposti a investire in BTC pagando prezzi sempre crescenti, il prezzo continuerà a salire. Ma quando chi vorrà vendere non troverà controparti disposte ad acquistare, il crollo potrebbe essere inarrestabile. Non esistono sottostanti al BTC (beni, asset, complessi aziendali, una qualunque attività economica), ma la cosa più rischiosa è che le controparti sono meri siti internet non sorvegliati da alcuna autorità monetaria (non che questo sia una garanzia assoluta, come dicevamo all’inizio) e potrebbe ben succedere che un bel giorno il sito non esista più, sia oscurato e non raggiungibile. Cosa farebbe il nostro investitore in quel caso? A chi potrebbe rivolgersi per riavere indietro il suo denaro?
Ancora più risibile e meno condivisibile il proposito dell’Amministrazione Trump di trasformare BTC e altre stablecoin in valute di riserva alternative e succedanee al dollaro in modo che, anche qualora il velleitario tentativo di “dedollarizzare” l’economia mondiale potesse avere qualche minima probabilità di successo, l’America possa comunque essere al centro del sistema monetario mondiale. Poi si legge degli investimenti personali di Trump nelle criptovalute e degli stratosferici guadagni suoi e della bella Melania, in barba a ogni conflitto di interesse, e il cerchio si chiude.
Verrebbe semmai da chiedersi, come fa il Prof. Savona nel suo discorso, perché l’Europa non è della partita per trasformare l’Euro in una valuta as good as gold e avvantaggiarsi di questa situazione. Ma questa è un’altra storia…
- Per commentare o rispondere, Accedi o registrati