POTERI FORTI CERCANSI

POTERI FORTI CERCANSI

Mer, 03/12/2025 - 23:23
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Perché in Italia non abbiamo una J.P. Morgan

.abbiamo  banca

Il timore che aleggia nei pressi di Via Filodrammatici (o più precisamente di Piazzetta Cuccia) non è certo ingiustificato, se è vero che dietro all’assalto portato dai descamisados del Monte dei Paschi alla nobilità finanziaria nazionale c’è niente di meno che la compagine governativa. La riscossa del centro (sud) contro il Nord; le azioni che tornano a contarsi (e non più a pesarsi come ai tempi di Cuccia); la capitale reale che sferra l’assalto alla capitale morale.

Tutto vero, per carità. Ma il punto da capire è perché in Italia non c’è modo (o quanto meno non c’è stato finora) di creare una nostra J.P.Morgan, ovvero un gigante della finanza in grado di fare banca, ma anche di gestire grandi patrimoni, di orientare e indirizzare le decisioni in ambito creditizio, di agevolare i grandi deal epocali che rafforzano il sistema-paese o di rallentare quelli che lo indeboliscono. Se lo chiede Ferruccio de Bortoli[1], l’autorevole ex Direttore del Sole 24 Ore e attento osservatore di quello che succede nel cuore della nostra City.

I

j.p.morgan

n particolare, secondo Ferruccio, ci si dovrebbe chiedere perché non si agevola un’operazione Mediobanca-Intesa San Paolo-Generali, dato che ora apparentemente ce ne sono tutte le possibilità (questa potrebbe essere la J.P.Morgan de noantri) e ci si trastulla invece con ipotesi come l’offerta pubblica di scambio di Montepaschi su Mediobanca. Che, vista da Milano, è ben difficile che riesca ad andare a méta. Non a causa del Monte, ormai risanato grazie al buon lavoro di Lovaglio e sicuramente simbolo di volonterosi (che ora vanno molto di moda anche in Europa); ma perché – alla fine – Milan l’è un gran Milan e non si può metterne in discussione la centralità.

Bisognerebbe ricordarsi degli anni ’80-’90 (più ’80 che ’90) del secolo scorso, quando un campione l’avevamo anche noi, ovvero la Comit dei due Amministratori Delegati (uno per l’Italia e uno per l’estero), ma il suo progetto di crescita in direzione J.P.Morgan, che all’epoca consisteva nell’ipotesi di acquisire Irving Trust, venne fermato dall’IRI del tempo, sotto l’egida del Prof. Prodi e di Andreatta (“così dovrebbe fare il bilancio in dollari invece che in lire”).

.banks.

Lì c’era tutto: capitali, network, conoscenze, standing oltre-Manica e oltreoceano, classe dirigente adeguata, scuola quadri affidabile. Ma, in vero stile democristiano, l’IRI non disse né sì e né no, quanto bastava perché il treno deragliasse. Poi la storia prese una piega diversa: la Comit venne attratta dall’universo Cariplo e si consumò il passaggio da banca di banchieri a banca di ragionieri. Altri tempi, si dirà, e sicuramente è vero. La politica era politica vera, con gli ideali, i valori e le grandi tradizioni, le scuole quadri che riuscivano a formare dirigenti qualificati, si chiamassero Frattocchie o Camilluccia. Mica come gli scappati di casa dei Cinque Stelle o simili.

La politica si impantanava nel proporzionale (in attesa del Messia Berlusconi, ancora impegnato a fare i primi miliardi e ad occupare le frequenze tv), ma nel mondo delle banche prese il sopravvento il bipolarismo perfetto: da una parte la finanza cattolica (il cui baricentro poggiava sull’asse Milano-Bergamo-Brescia); dall’altra quella laica con base, appunto, dietro la Scala, e a forte propulsione francese. Non c’era bisogno di una J.P.Morgan, a ben vedere, che avrebbe solo turbato i solidi equilibri esistenti. Gli azionisti non esistevano (le banche erano ancora pubbliche) e lo Stato non aveva bisogno di schierarsi frontalmente: bastava guidare la formazione dei Consigli di Amministrazione e del CICR, e il gioco era fatto.

Nei casi dubbi, c’era poi sempre Banca d’Italia, che faceva politica del credito con la moral suasion del ciglio aggrottato.

.potere delle banche

E oggi? Tutta un’altra storia. Le banche sono (quasi tutte) privatizzate e gli azionisti veri non ci stanno a fare presenza, ma vogliono giustamente dire la loro, anzi vogliono essere loro a tirare i fili. Spariti i grandi boiardi, oggi non esiste più finanza laica e cattolica, i manager si formano in McKinsey e bazzicano Londra, molto più che Roma o Milano, anche destra e sinistra sono tutto sommato concetti superati.

 

Ci vorrebbe un “federatore”, dice Ferruccio con lungimiranza. Un soggetto capace di far dialogare i diversi soggetti e riunirli in un progetto di ampio respiro. Potrebbe essere la Banca d’Italia? Difficile a dirsi, dato che il potere vero sta oggi a Francoforte più che in Via Nazionale.

La politica? Quando ha messo le mani nelle banche in modo diretto e pesante ha fatto danni, meglio stare un passo indietro.

I fantomatici poteri forti? Al momento non pervenuti.

Alla fine basterebbe che Intesa si prendesse un pacchetto significativo di Generali e, oplà, all’assemblea di Trieste ci sarà da divertirsi con i grandi azionisti, Mediobanca, Unicredit. E che il Monte dei Paschi si occupi di costruire il terzo polo del centro Italia, magari con Bper.

 

 

[1] Si veda l’articolo “De Bortoli ci spiega cosa c’è dietro l’assedio a Mediobanca” di Mariarosa Marchesano, nel Foglio del 15/2/2025.