GUADAGNARE CON LE STRAGI
Il terrorismo finanziato anche con la speculazione finanziaria
Prima o poi anche questa storia qualcuno dovrà raccontarla. Delle stragi terroristiche e degli attacchi agli Stati sovrani quasi tutto si è detto, In particolare, per quanto riguarda il feroce attacco di Hamas del 7 ottobre, si è parlato, ovviamente, soprattutto dell’aspetto umano di due nazioni devastate, di migliaia di morti e centinaia di innocenti presi come ostaggi, della crisi politica di un’intera regione che ha rischiato di allargarsi fino a comprendere le superpotenze mondiali, anche se si deve riconoscere che c’è stato un evidente sforzo di evitare una deriva globalizzante.
Si è molto parlato anche dell’economia delle stragi, ma fermandosi alle conseguenze più macroscopiche: blocco totale dell’attività commerciale e produttiva di Gaza e dei Territori, spinta formidabile al mercato delle armi, economia di guerra con tutti gli annessi e connessi. Nessuno ha però accennato a un aspetto forse secondario, che con certosina pazienza due docenti, entrambi di area giuridica, uno della New York University e uno della Columbia University, hanno ricostruito in uno studio del 6 dicembre scorso[1].
Esaminando le serie statistiche dei volumi di mercato nella settimana precedente e in quella successiva al fatidico 7 ottobre, i due studiosi hanno rilevato un notevole incremento di vendite allo scoperto (short) di titoli azionari di società israeliane e quote di fondi israeliani, in particolare il più diffuso ETF (MSCI Israel Exchange Traded Fund, acronimo EIS, strumento long[2] costituito dai principali titoli industriali del Paese quotato anche al NYSE).
Dopo aver registrato una notevole impennata e una concentrazione di interesse sull’ETF il giorno 2 ottobre, nei giorni successivi si è abbattuta sulla borsa di Tel Aviv (TASE, Tel Aviv Stock Exchange) una gragnola di vendite allo scoperto, come mai era avvenuto negli anni precedenti.
Anzi, a ben guardare un movimento analogo c’era stato a inizio aprile del 2023, anche se di entità inferiore. Successivamente emerse che anche allora Hamas aveva preparato un attentato, che poi non venne però realizzato.
L’attento esame dei dati di negoziazione ha evidenziato come incrementi anomali delle vendite allo scoperto, o altre operazioni che producono risultati analoghi, si siano verificati in prossimità di altri attacchi terroristici, fra i quali anche quello alle torri gemelle dell’11/9/2001. Ma questa volta l’operatività short è risultata più evidente poiché i volumi negoziati sullo strumento EIS sono usualmente molto contenuti, e un picco di movimentazione in vendita risulta di tutta evidenza.
Si tratta palesemente di un trading posto in essere da soggetti che avevano l’informazione dell’imminenza dell’attacco, e che hanno utilizzato tale informazione per il più classico degli insider trading, speculando al ribasso su titoli rappresentativi del paese in procinto di subire un attacco terroristico.
Essendo emersa a più riprese la potenza finanziaria di Hamas, e di organizzazioni simili, beneficiaria di ingenti contributi e donazioni da tutto il mondo, presumibilmente provenienti da fondi e società finanziarie arabe, non sarebbe irragionevole pensare che tale intervento rappresenti una vera e propria fonte di finanziamento sistematica e strutturale per le operazioni future. Un po’ come gli “espropri proletari” e le rapine delle Brigate Rosse negli anni ’70, che d’altra parte non avevano nascosto legami con l’OLP e con altre formazioni palestinesi.
Vediamo come è stata realizzata la vendita allo scoperto nell’imminenza dell’attacco di Hamas. Una volta individuati i titoli target – in questo caso l’ETF EIS e i titoli azionari delle principali società israeliane perlopiù quotate alla Borsa di Tel Aviv -, il primo step è stata l’impennata del 2 ottobre che, alla luce di quanto è successo, è difficile non ricollegare all’attività speculativa degli stessi traders protagonisti. Nel caso di titoli sottili, ovvero generalmente poco movimentati e con flottante contenuto, è piuttosto facile pilotare al rialzo le quotazioni, operando soprattutto con opzioni (in questo caso acquisto di opzioni call o vendita di opzioni put), che rispetto al tradizionale acquisto del titolo hanno il vantaggio di richiedere un limitato impiego di capitale.
Una volta raggiunto un livello di prezzo soddisfacente, si vendono allo scoperto titoli proprio a quel prezzo, oppure si opera con opzioni in direzione contraria a quella sopra descritta (ovvero vendendo opzioni call o acquistando opzioni put). In genere la scadenza delle operazioni è molto breve, questo per limitare il costo finanziario delle vendite allo scoperto o delle opzioni.
Passato il giorno dell’attacco, con l’inevitabile crollo della Borsa di Tel Aviv e dei titoli target, si giunge a scadenza delle operazioni e si comprano sul mercato i titoli al prezzo corrente (ovviamente inferiore a quello di vendita), per chiudere la vendita.
Per avere un’idea, l’ETF EIS il giorno 9 ottobre ha registrato un calo del 7,11%, che al 23 dello stesso mese era già arrivato a -17,45%. La Bank Leumi, la principale banca israeliana, ha perso lo stesso giorno 9/10 l’8,79%. In due giorni il profitto portato a casa è stato enorme.
Altre blue chips del TASE hanno avuto andamenti del tutto analoghi: Generation Cap, Sella Real Estate, Novolog, Energyx hanno registrato nella giornata del 5/10/23 incrementi di vendite allo scoperto compresi fra il 30,89% e il 58,81%, e hanno evidenziato nella giornata dell’8/10/2023 crolli di prezzi di borsa compresi fra 8,04% e 10,81%.
Lo scopo dello studio, di natura accademica e non divulgativa, è quello di analizzare gli effetti del possesso di informazioni privilegiate sul trading di strumenti finanziari, con focus prettamente giuridico, finalizzato a ricercare sistemi per ottimizzare l’efficienza dei mercati.
È però evidente che, seguendo i flussi finanziari in concomitanza con gli attacchi terroristici, sarebbe – almeno in teoria – possibile sia ricercare a posteriori se non gli autori, quanto meno i fiancheggiatori delle organizzazioni eversive, sia soprattutto identificare a priori eventuali aree di rischio, soprattutto se si tratta di mercati con volumi non eccessivamente elevati. Nell’era della tecnologia pervasiva, non dovrebbe essere difficile ottenere in via automatica indici di anomalia e warning.
Certo, poi i segnali dovrebbero essere letti e ascoltati, non come ha fatto il Governo israeliano che ha ripetutamente ignorato gli avvertimenti dei servizi israeliani e stranieri.
[1] Robert J. Jackson jr e Joshua Mitts “trading on terror” del 6/12/2023 consultabile in https://dx.doi.org/10.2139/ssrn.4652027
[2] Si parla di posizione lunga o long, quando si detengono attività finanziarie che realizzano un guadagno se il prezzo del titolo aumenta (come l’acquisto o l’opzione call), di posizione short nel caso contrario (vendite allo scoperto, vendita di opzioni call, ecc.)
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