Nella consueta parata di stelle e di polemiche che hanno fatto da cornice alla prima scaligera del Don Carlo, il dubbio è che il vincente sia stato il Grande Inquisitore. Chi ha seguito la ripresa televisiva avrà notato, nell’eloquio forse forbito ma certo biascicato e incomprensibile dell’antico Vespa e della degna compare restaurata, l’assenza a ogni riferimento al canto e alle capacità dei cantanti, in particolare della soprano Anna Netrebka, di gran lunga la più brillante e la principale destinataria della gragnola di applausi finali. Altrettanto vana la ricerca di un accenno alla singolare assenza contemporanea del Presidente della Repubblica e della premier.

Non è che per caso le due cose sono collegate? Non è che c’entri la nazionalità della soprano e il suo rifiuto di contestare pubblicamente il Presidente del suo paese, sia pure trucido e guerrafondaio (il Presidente, non il paese), a margine del contenzioso di questa estate con il Met di New York? Se così fosse, sarebbe il trionfo proprio del Grande Inquisitore, della censura e della pratica della damnatio memoriae. Perché, nel caso, non si tratterebbe del giusto rifiuto della guerra, ma del mancato rispetto dell’arte e della libertà di espressione.

Se così fosse, allora sarebbe meglio il bistrattato mondo della finanza di quello rutilante dell’arte e della cultura: almeno di questi tempi qualche piccola soddisfazione i mercati la danno. Magari non durerà a lungo, anche se gli analisti – più che altro con l’ottimismo della volontà - vedono almeno tre riduzioni dei tassi nell’anno che verrà. Alla fine i numeri non mentiranno, al contrario dei servi sciocchi.

IL NOSTROMO