L’ULTIMO BALUARDO
È giusto abolire o limitare sostanzialmente l’uso dei contanti?
Vivere costantemente connessi ha indubbiamente molti lati positivi, consente una vita più comoda - con tutto a portata di mano- e sicuramente più produttiva. Ha però un’unica controindicazione: si deve rinunciare alla libertà. In ogni momento, in qualche database, si tiene traccia di tutto quello che facciamo, dove andiamo, cosa compriamo, quello che pensiamo.
Se vogliamo essere parte di comunità (virtuali) quali social network, chat di diversa origine, essere informati in tempo reale su quello che succede, soddisfare subito le nostre curiosità, dobbiamo essere consapevoli di trovarci in una campana di vetro, dove c’è sempre qualcuno che potrebbe scrutare i nostri movimenti, quasi come criceti in gabbia.
Non esistono più aree private, zone franche in cui rifugiarsi, salvo una: la possibilità di usare il contante. Solo pagando in contanti è possibile fare acquisti senza che qualcuno sappia, o possa sapere, cosa abbiamo comprato, dove, quanto l’abbiamo pagato. Magari a molti questo può non interessare, e allora possono tranquillamente usare carte di credito, moneta digitale, pagamenti tracciati.
Così come, quando apriamo un profilo su un qualunque network, forniamo una serie di informazioni al gestore (non solo quelle anagrafiche, pure sensibili, ma di gusti, preferenze, propensioni) che rappresentano la contropartita per poter utilizzare (apparentemente gratis) quelle piattaforme. E più le usiamo, più forniamo informazioni.
Dobbiamo sapere che queste informazioni sono preziose per chi – nel migliore dei casi - vuole venderci qualcosa oppure per chi vuole catalogare e tenere traccia delle inclinazioni politiche per orientare il nostro voto. Da qui al grande fratello, se ci pensiamo bene, è un attimo.
Ma non è di questo che vorremmo parlare, perché in fondo fornire informazioni su di noi è una libera scelta, nessuno ci obbliga a usare Facebook o TikTok e a pubblicare foto, video, semplici pensieri.
Ma se venisse abolito il contante, per legge o disposizione governativa, o se ne venisse drasticamente limitato l’uso a livelli simbolici, non ci sarebbe più scelta, tutti saremmo obbligati lasciare traccia dei pagamenti. Probabilmente la vita di micro-evasori e piccoli malfattori diventerebbe più complicata, ma sarebbe un po’ come vietare l’uso delle automobili per combattere gli incidenti stradali.
Per chi dispone di grandi ricchezze, cambierebbe ben poco, come poco o niente cambierebbe per le multinazionali della malavita o gli evasori in larga scala, che certo usano strumenti molto più sofisticati delle vecchie banconote per realizzare i loro scopi illeciti. Per i poveri abituati a gestire la propria libertà con i pochi contanti di cui dispongono, sarebbe certamente una mazzata tremenda, che li porterebbe alla completa emarginazione.
Non tutti hanno accesso ai servizi bancari: le banche non aprono i conti a chi ha precedenti di protesti o fallimenti, possono congelarli se hanno crediti da farsi rimborsare, o se rilevano eventi pregiudizievoli, possono semplicemente decidere di non aprire le loro porte a chi non ha sostanze sufficienti per pagare le commissioni richieste.
Non siamo in grado di dire se l’obbligo di aprire un conto bancario per effettuare anche i pagamenti più modesti possa configurare una sorta di evento incostituzionale, ma certo non suona bene imporre per legge un business che genera profitto a una sola categoria di operatori. Ciò non vuol dire che ci sia qualcosa di sbagliato nell’attività bancaria, ma deve essere garantita la libertà di non utilizzarla a chi non ne ha bisogno.
L’atto di depositare denaro presso una banca è un chiaro spossessamento di risorse: quel denaro non è più liberamente disponibile, ma lo diventa se e in quanto la banca è in condizioni di restituircelo. I limiti di legge al rimborso dei depositi (non è possibile prelevare più di una certa somma in un giorno) e la stessa tendenza delle banche a minimizzare le riserve liquide, la possibilità di malfunzionamento degli erogatori di contanti (bancomat), per non parlare delle crisi bancarie che hanno provocato le corse agli sportelli: tutto questo rende evidente che in questi casi la libertà del depositante è molto compressa.
Gli esempi di utilizzo improprio dei conti correnti, sempre a danno dei clienti, sono molteplici: dal congelamento dei conti avvenuto nella Grecia del 2011, al blocco imposto sui conti agli oppositori dei regimi islamici, al famigerato prelievo del 6 per mille sui saldi istantanei del Governo Amato nel 1992.
La libertà di poter disporre del denaro, senza rendere conto a nessuno di come lo si utilizza, è oggi veramente l’ultimo baluardo della libertà individuale, l’ultima zona franca in un mondo iperconnesso in cui ogni nostra attività è tracciabile e trasparente.
La limitazione all’uso del contante venne introdotta nel 1991 con finalità di antiriciclaggio, per evitare che i proventi di attività illecite potessero essere liberamente utilizzati. Pensare oggi che le multinazionali del crimine si affidino ancora agli spalloni con le borse piene di contanti è fuori da ogni logica; e del resto in questi trent’anni non pare che le “lavanderie di denaro sporco” siano scomparse: si sono semplicemente trasformate e rigenerate.
In effetti oggi la motivazione addotta per imporre limitazioni al contante è completamente diversa: si eviterebbe così l’evasione fiscale. Non c’è dubbio che piccoli artigiani e commercianti, incassando in contanti, potrebbero evitare di emettere scontrini e ricevute fiscali. Ma rispetto ai grandi numeri dell’evasione, in continua crescita nonostante le limitazioni introdotte negli anni scorsi, si tratta di peanuts, che non giustificano – a nostro avviso - la limitazione alla libertà soprattutto delle classi meno agiate. Come sparare con un bazooka per uccidere una mosca sul muro: la mosca magari muore, ma di certo crolla il muro e tutta la casa.
Il timore è che la lotta all’evasione sia un mero pretesto per estendere controlli e limitazione di libertà abbattendone anche l’ultimo baluardo a difesa.
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