ATTENTI AI BITCOIN
Senza controlli è ancora troppo rischioso investire in monete digitali, nonostante il formidabile aumento del loro valore
Nel nostro sito abbiamo trattato, in questi quattro e più anni, moltissimi argomenti, di prevalente carattere economico e finanziario, ma non solo. Possiamo dire che non ci sia stato tema “caldo” di interesse dell’attualità che non sia stato oggetto della nostra attenzione, compresi anche quelli più difficili da affrontare, perché complessi e magari non molto popolari.
Un solo topic di natura economica non abbiamo fino ad oggi affrontato: i bitcoin. Questo perché, in tutta franchezza, non ritenevamo – e non riteniamo – di avere le competenze giuste per parlarne in modo rigorosamente corretto, come abbiamo sempre cercato di fare pur con l’obiettivo di rendere le cose comprensibili anche ai non esperti.
Da un lato, infatti, nessuno come chi segue la finanza è sensibile alle innovazioni e curioso del nuovo che avanza, e quindi è naturale un atteggiamento di apertura mentale a nuovi strumenti, nuove tecniche o nuove teorie.
Tuttavia, nel caso dei bitcoin e di tutto il mondo delle monete virtuali, ha finora prevalso – e continua a prevalere – un atteggiamento di sana prudenza e di diffidenza rispetto a quello che non si capisce. E in questo caso la prudenza è doppia, perchè il worst case scenario – a nostro avviso – non è solo quello di un normale “titolo spazzatura”, collegato al default dell’emittente, eventualità sempre possibile quando parliamo di strumenti finanziari. Qui è in astratto possibile che al momento di richiedere indietro il denaro a suo tempo versato a un indirizzo internet di cui ben poco si conosce, ci troviamo di fronte al nulla cosmico: l’indirizzo non esiste più, è sparito, forse non era neanche mai esistito.
Il processo di creazione delle monete virtuali, quello svolto dai minatori[1] con le blockchains, può essere perfetto e inattaccabile da un punto di vista tecnico e informatico, ma senza forme di vigilanza o supervisione da parte di authorities credibili, tipicamente le banche centrali, il rischio ci appare oggettivamente troppo elevato. Su questo aspetto c’è ora un importante fatto nuovo: la moneta digitale promossa (e in alcuni casi già realizzata) proprio dalle banche centrali, la cosiddetta “Valuta digitale della banca centrale” (in acronimo inglese CBDC, Central Bank Digital Currency). Questo determina il superamento del maggior limite del sistema dei bitcoin, il fatto che non vengono accettate come moneta a corso legale, ovvero non sono fino ad ora riconosciuti come idonei ad adempiere le obbligazioni in un determinato contesto normativo.
In altri termini, chi acquista oggi un bitcoin può fare un investimento, nella misura in cui – come si diceva sopra – sia sempre possibile rientrare in possesso, a scadenza oppure cedendo lo strumento sul mercato, delle somme in euro anticipate.
Se noi oggi vogliamo acquistare 1 bitcoin dobbiamo investire circa 15.400 Euro. Supponiamo di voler disinvestire fra un anno, sempre ammesso che si possa, come si diceva. Se fra un anno la valutazione, supponiamo, fosse 25.000 €, quando rivenderemo la moneta virtuale realizzaremmo un profitto del 62%; se invece la valutazione fosse 10.000 Euro, subiremmo una perdita del 35%.
Tuttavia, a differenza della moneta corrente, il bitcoin non può essere usato per comprare beni o servizi o per rimborsare debiti in Euro, non ha cioè corso legale. Può essere accettato solo in virtù di una libera scelta da parte di chi aderisce a quel circuito. E questo ne riduce molto la potenzialità e la sicurezza per l’investitore.
Ma se ora le banche centrali iniziassero ad emettere una moneta che, seppure digitale o virtuale, fosse tuttavia legale, il discorso potrebbe cambiare radicalmente.
Da un lato, infatti, ci sarebbe una sorta di garanzia superiore - per chi possiede queste tipologie di strumenti - che essi vengano accettati in pagamento allo stesso modo della moneta corrente.
Dall’altro, però, si creerebbe un effetto molto pericoloso a livello di sistema. Il concetto non è facilissimo da spiegare e non vorremmo addentrarci in tecnicismi eccessivi. Ma uno dei possibili sviluppi è che proprio le banche centrali si troverebbero ad assumere un potere enorme e senza controlli, potendo di fatto emettere moneta a getto continuo e senza alcun tipo di vincolo.
Anche oggi esse emettono moneta e, anche oggi, la moneta ha un valore convenzionale ben diverso da quello intrinseco (al contrario di ciò che accadeva un tempo con le monete d’oro o di argento); ma il processo di emissione monetaria avviene entro limiti precisi e con procedure contabili trasparenti e controllate. Quando la moneta digitale potrà essere universalmente accettata, basterà ai banchieri centrali attivare una blockchain, facendo girare un algoritmo di un software...et voilà, il gioco sarà fatto.
Non solo: il processo di espansione della quantità di moneta si potrà perfezionare immediatamente, in tempo reale, col semplice accredito della valuta digitale sui conti che a quel punto tutti potranno intrattenere con la banca centrale, senza dover passare dalle operazioni di acquisto di titoli sul mercato aperto e dalle banche ordinarie.
Il rischio è che si possa creare una tecnocrazia autoreferenziale, in cui questo immenso potere non discende da elezioni e da consenso popolare. E, altro rischio potenziale, non è dato sapere – perchè non ci sono precedenti – cosa potrebbe succedere in termini di inflazione (si andrà verso un’inflazione fuori controllo?) né in termini di tassi di interesse (potremmo avere tassi negativi del 20/25%? In astratto sarebbe possibile).
Per l’economia si tratta di vera e propria fantascienza, almeno per quelli della nostra generazione, anche se non si deve essere pregiudizialmente contrari alle novità: solo quando la moneta abbandonò il gold standard[2], il mondo ha intrapreso il percorso del boom economico.
Ma prima di investire soldi buoni nei bitcon, preferiamo avere un maggior grado di sicurezza.
[1] I minatori (miners) sono coloro che realizzano il processo di creazione di monete virtuali tramite un lavoro informatico che sfrutta la capacità di calcolo dei computer invece della forza fisica di un minatore
[2] Il gold standard, o sistema aureo, è un sistema nel quale la moneta ha un valore commisurato al suo contenuto intrinseco di oro, a differenza dell’attuale nel quale il valore è puramente convenzionale. Il gold standard – che per sua natura implicava cambi fissi fra le valute dei diversi paesi - fu sostituito con il gold exchange standard dagli accordi di Bretton Woods del 1944, i quali durarono fino al 15 agosto 1971 con lo Smithsonian Agreement, quando gli USA abolirono la convertibilità del dollaro in oro, decretando di fatto la morte del sistema aureo e la nascita del sistema fluttuante dei cambi flessibili.
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